
Era atteso da due anni, questo disco che rappresenta la seconda prova discografica di una band indie che, al suo debutto, ha vinto tutto quello che poteva vincere e che è stata indicata come quella che maggiormente può aspirare a raccogliere l’eredità dei Radiohead.
Stiamo parlando dei tanto celebrati Alt-J e del loro secondo lavoro, ‘All This is Yours’, atteso non solo dai fans, ma anche dalla critica che voleva comprendere quando questi ragazzi erano riusciti a restare fedeli a se stessi e a non farsi corrompere – sempre che di corruzione di possa parlare – dal mainstream.
E gli Alt-J ci sono riusciti perfettamente.
‘All This is Yours’ è un disco ben costruito musicalmente: un viaggio attraverso la musica, ma anche fisico della band. Un viaggio che parte da lontano e porta lontano.
La meta? Il Giappone. O meglio, ancora più precisamente, la città di Nara: una meta sicuramente filosofica e ideale, ma anche fisica di questo disco.
Gli Alt-J, infatti, ci parlano del loro viaggio nella città giapponese, dove hanno verificato con i loro occhi che i cervi – considerati sacri – vengono lasciati liberi di passeggiare per la città e, in particolare, per i suoi parchi.
Un incontro che ha folgorato gli Alt-J, tanto che hanno visto in questa contaminazione tra la civiltà tecnologica e degli animali, generalmente selvatici, una metafora che ben si addiceva anche a loro stessi.
Ed ecco che i cervi servono loro per parlare della libertà. La libertà della band stessa di fare la musica che a loro piace di più.
Liberi di esprimersi. Di creare 50 minuti di musica, forse non facilissima, di testi spesso non decifrabili, di parole usate più per il loro suono che per il contesto. Tutto curato. Tutto ben confezionato.
E riescono, in questo modo, a dare vita a un prodotto che non si vende alla ‘musica commerciale’, come avrebbero, invece, potuto scegliere di fare. Non lo fa anche a dispetto di quel Mercury Prize vinto con il disco di esordio che oggettivamente ha un peso specifico molto alto.
Non erano mainstream quando lo hanno vinto. Non lo sono mai stati. Non lo sono nemmeno con questo lavoro.
Hanno ‘mangiato alla tavola’ del mainstream, senza fare indigestione di commerciabilità. Sono rimasti gli Alt-J.
‘All This is Yours’, a dimostrazione che l’alchimia Alt-J funziona, ha dei momenti di stanca solo quando la band prova a cercare una semplicità sonora che davvero non è nelle sue corde. Quelli che dovrebbero essere i pezzi più ‘facili’, alla fine divengono solo quelli più deboli e più, se vogliamo, banali. Ad ulteriore conferma che gli Alt-J, con la loro musica, sono riusciti a fare un secondo lavoro veramente riuscito.
TRACKLIST
- Intro
- Arrival in Nara
- Nara
- Every other freckle
- Let hand free
- Garden of England – Interlude
- Choice Kingdom
- Hunger of the pine
- Warm Foothills
- The gospel of John Hurt
- Pusher
- Bloodflood pt II
- Leaving Nara