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Coniugare dolore e leggerezza non è cosa da poco: c’è riuscito Tommaso Novi con ‘Se mi copri rollo al volo’

Tommaso, come hai fatto? A coniugare dolore e leggerezza, a volare libero su tutti quei solchi profondi, incisi nella carne, a cicatrizzare le ferite con ironia, versandoci sopra zucchero vanigliato come se fosse penicillina. Va bene che sei musicoterapeuta, ma come hai fatto?

L’inizio è sorprendente, il trittico iniziale ‘Senza denti‘, ‘Mi sono scavato la casa‘, ‘I tuoi vestiti da cospaly‘, ti lascia con un senso di smarrimento sotteso alla certezza di trovarsi di fronte ad un grande disco. Smarrito, perché i temi trattati, sono densi, urgenti, ironici si, ma irrequieti, amari, disturbanti e se il disco ‘Se mi copri rollo al volo’ si riallaccia all’ultimo lavoro dei Gatti Mézzi (ma mancano completamente le chitarre) è invece lontano dai loro primi album, quelli che abbiamo cantato e fischiato anche noi in vernacolo pisano. Ma d’altra parte questo volersi mettere a nudo (il fisico d’altronde c’è, basta guardare la foto di copertina) è il tema che scorre sottile nelle tracce di tutto il disco fino all’ultima Siamo venuti a vederti suonare. Rimettersi completamente in gioco, per esorcizzare la paura di rimanere ancorato ad un passato che tante soddisfazioni ha dato, ma che ormai appunto è passato. Rischiare il tutto per tutto per un nuovo inizio, con quella leggera ebbrezza che questo porta, anche a costo di perdere i vecchi fans e ritrovarsi magari, la prossima volta a suonare davanti a quattro gatti (mézzi però).

La dolce amara leggerezza di ‘Philips a 3 velocità‘ e ‘Non me lo levate il computer‘, (grido spinto e sgraziato che si fa singhiozzo di bambino e slogan di una intera generazione), con il loro mondi virtuali, fatti di sogni in vero più reali del mondo reale, dove sentirsi protetti e poter vivere mille vite sempre nuove, fanno da ponte al brano capolavoro dell’album.
Quel ‘Paolo Lupo Solitario‘, la cui cupa atmosfera tutta giocata sui tasti di un pianoforte tremolante e onirico, ti azzanna alla gola, a strappare quel groppo che lì, aveva trovato rifugio. Liricamente diversa, (anche se una certa assonanza si potrebbe trovare, ma forse mi sbaglio) ma qualcuno si ricorda l’atmosfera sospesa de ‘Lo Stambecco ferito‘ di Antonello Venditti, anno di grazia 1975, con quel senso tragico ed epico?

Se il disco si muove lungo le coordinate del nuovo cantautorato italiano, il legame con la musica che ha scritto la storia della canzone d’autore italiana è molto stretto. Il punto di riferimento è sicuramente Lucio Dalla e se dovessi scegliere, direi il Dalla di ‘Come è profondo il mare‘, disco che inizia, guarda caso, fischiettando. Non so se Tommaso, ha puntato la bussola in quella direzione consapevolmente, forse si forse no, alla fine poco importa, ma se mi passate il paragone, con uno dei dischi in assoluto più belli di quella stagione aurea, ‘Se mi copri rollo al volo‘, è un disco come quello che scende nel profondo e arrivato al fondo continua ancora a scavare, per salire più in alto. Tutti e due i dischi nascono da un bisogno solitario, terapeutico di isolamento, tanto che potremmo definirli come veri e propri processi di auto guarigione, personali e collettivi.

Nella sua scarna essenziale, secca formazione a tre (oltre a Tommaso al piano e alle tastiere, troviamo Matteo Anelli al basso e Daniele Paoletti alla batteria: 2 pisani e un livornese per un mix tutto toscano), le canzoni ci presentano un artista istrionico e raffinato poeta, giullare e supereroe, come pochi se ne trovano in giro.
SuperNovi, è il nostro nuovo supereroe, che vola alto (ad altezza di piccione) sopra i cieli delle nostre città e delle nostre campagne. Se ci pensi non è cosa da poco.

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