
A leggere le recensioni di mezzo mondo pare che “Western Stars” sia un capolavoro.
Dopo sei anni, l’uscita di nuovo album di inediti di Bruce Springsteen è sicuramente qualcosa da celebrare, ma quello che mi lascia perplesso è l’unanimità dei giudizi: un capolavoro elegante e raffinato, ho letto ovunque.
Probabilmente mi farò dei nemici, ma per me Western Stars è un disco sbagliato, un’occasione persa.
Ancora una volta la produzione di Ron Aniello è pomposa, ridondante e inutile.
Sebbene i testi siano molto belli e molte canzoni davvero notevoli (Chasing Wild Horses, Drive fast, Western Stars, Stones, Hello Sunshine, Moonlight Motel), quello che non funziona è il suono, l’abito che si è voluto dare al disco.
Tutto l’album rimbomba pomposamente senza spiegazione, c’è chi ha voluto sottolineare che la durezza dei testi delle canzoni, vengono innalzate e universalizzate proprio grazie all’eleganza della produzione pop del disco: cazzate.
Una vita passata a meravigliarmi della tempesta perfetta di “Nebraska” o del minimalismo oscuro di canzoni come Stolen Car, Drive all Night, Youngstown, non mi permette di prendere con leggerezza e fascinazione il ritorno di Bruce in questa veste.
Dato in mano a Daniel Lanois, T-Bone Burnett, Warren Ellis o Rick Rubin, “Western Stars” avrebbe fatto veramente male, come “Time out of Mind” di Dylan o le “American Recordings” di Johnny Cash”.
Mi chiedo sono io o è un collettivo abbaglio che fa gridare al miracolo, semplicemente perché c’era voglia di un nuovo disco di Bruce Springsteen dopo tanti anni di silenzio?
La bella notizia è che Bruce è tornato e sta bene, alla produzione c’è di nuovo Ron Aniello, e questa è la brutta.
lo riascolto da giorni e giorni. è davvero molto bello.