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Murubutu ‘veste’ di jazz i suoi brani e vince la scommessa con un raffinato live

Di contaminazione in contaminazione, Murubutu è riuscito a dare vita a un live nel quale il jazz si è fuso perfettamente con alcuni dei suoi brani più famosi e celebrati, in una rilettura molto riuscita e che lo ha visto protagonista – assieme alla Moon Jazz Band – di una manciata di date estive e di quattro concerti in teatro.

Ed è proprio sulle assi di legni dei teatri che un live del genere trova la sua ‘casa’ di elezione.

L’ultima di queste date, dopo Milano, Bologna e Napoli, è stata a Roma, all’Auditorium Parco della Musica, dove per circa un’ora e mezza, Murubutu ha ripercorso buona parte della sua carriera, regalandone però una versione totalmente rinnovata, in alcuni casi più evidente, in altri forse più sottotraccia, regalando uno spettacolo caratterizzato da una grande raffinatezza di suono, di arrangiamenti e di performance.

Ma facciamo un passo indietro.

E’ un po’ di tempo che Murubutu sperimenta generi musicali che possano adattarsi al suo rap. Come non richiamare alla mente l’incursione nei suoni reggae  di ‘Daimon’? Impossibile non farlo, magari rimpiangendo anche un po’ che il brano non abbia trovato una sua ‘consacrazione’ nella deluxe di ‘Storie d’amore con pioggia’ o in qualche altra pubblicazione, ma la speranza – è noto – è l’ultima a morire e magari, prima o poi, riceverà giustizia.

Ma, senza divagare, parlavamo delle ‘contaminazioni’ e vediamo che queste hanno interessato anche i talk, che da quest’anno lo vedono dimostrare con esempi concreti come il rap possa essere un veicolo perfetto per la letteratura, cosa che ha spesso caratterizzato i testi di Murubutu.

E così, di contaminazione in contaminazione, arriviamo ai live con la Moon Jazz Band, ulteriore tappa di un percorso che fa scoprire, ogni volta, qualcosa di diverso e inaspettato, un po’ come se guardassimo le immagini create da un caleidoscopio.

I brani che propone sono quelli più amati dal pubblico, ma non manca anche qualche ‘intruso’ dalla produzione più recente e forse ancora non così radicata, ma che si percepisce chiaramente saranno i classici di domani.

Il live inizia con un brano strumentale della Moon Jazz Band, formata da Filippo Cassanelli al contrabbasso, Vincenzo Messina alla batteria, Giacomo Grande alle tastiere e piano, Federico Califano al sax contralto e Gabriele Polimeni alla tromba e flicorno, a cui si aggiunge la voce di Dia, valore aggiunto di tutto il concerto.

Il brano migliore della serata è il terzo in scaletta e, cioè, ‘Estraggo musica dall’aria’, uno degli inediti che si trovano nella deluxe edition di ‘Storie d’amore con pioggia’. Il motivo per cui in questo brano un arrangiamento jazz si adatta perfettamente al testo forse sta proprio nella sua nascita: essendo uno di quelli più recenti, è abbastanza probabile che fosse già molto vicino a questo genere musicale e, quindi, una rilettura tipicamente jazzistica è sicuramente più facile in un brano già nato in un’atmosfera affine. Il risultato parla da solo: se già era un pezzo che non si fa dimenticare nella versione originale, in questa veste ha veramente un qualcosa in più che lo rende speciale. La versione jazzistica meglio riuscita dell’intera serata, appunto.

In realtà, tutta la set-list si può idealmente dividere in due: i brani che si presentano in una veste completamente rinnovata e quelli che rispettano l’originale, ma che essendo eseguiti da una band live dalla fortissima impostazione jazz, risentono di questa combinazione, arricchendosi di nuovi colori pur non snaturandosi.

Anche in questo caso, generalizzando, se ne può fare una questione banalmente ‘anagrafica’: i brani più ‘vecchi’ cambiano meno dall’originale, ma si arricchiscono di un qualcosa di nuovo. Del resto non sarebbe forse nemmeno possibile stravolgere più di tanto ‘Grecale’, così come si arricchisce di una diversa esecuzione anche ‘I marinai tornano tardi’, brani immancabili in qualsiasi live. In tutti e due i casi, comunque, si hanno delle versioni non distanti, ma piacevolmente diverse.

Però, visto che le regole non possono esistere in questo caleidoscopico universo, troviamo subito le eccezioni alla ‘regola anagrafica’: ‘Nuvole’ e ‘Multiverso’ dall’ultimo album, alla fine, apparentemente non si discostano troppo dalle prime versioni. In realtà non è proprio così, nel senso che l’impronta jazz è molto presente, ma forse è meno percettibile, in quanto accentua una strada musicale che, probabilmente, era già nell’aria quando sono nati.

Per contro, la non più giovanissima ‘Scirocco’ dall’album ‘L’uomo che viaggiava nel vento‘, si tuffa completamente in un mondo simile ma diverso e, per quanto possibile, riceve una spinta ancora più decisa, grazie un arrangiamento che ne esalta il testo, dando all’intero pezzo nel suo complesso una forza ancora maggiore.

Anche ‘La stella e il marinaio’ (da ‘Tenebra è la notte’) che apre il live indossa perfettamente il nuovo abito jazz e si presenta in una versione capace, anche in questo caso, di mettere ancor più in risalto il testo che se non è il migliore dell’album, sicuramente è uno dei migliori.  Come ‘Occhiali da Luna‘ in versione jazz diventa veramente spettacolare e sostanzialmente diversa dall’originale.

Non mancano anche un paio di brani da INFERNVM, ‘Paolo e Francesca’ e ‘Ulisse’: il primo non colpisce particolarmente. E’ un brano versatile, adattissimo a suo tempo a trainare l’uscita dell’album e si gioca la sua versatilità anche in questo caso, proponendosi come una buona versione jazz del brano originale, con un apporto fondamentale della voce di Dia che (qua, ma anche in moltissimi altri pezzi) non manca di dare delle sfumature di classe all’intera esecuzione.

Per quanto concerne ‘Ulisse’, che dire? E’ un brano talmente bello, che alla fine sta benissimo in qualsiasi salsa venga proposto.

La dimensione del teatro è un bel banco di prova anche per la performance di Murubutu, che, però, dimostra di saper tenere bene il palco in qualsiasi contesto.
Compreso quello dei velluti teatrali.
Riesce a riempire gli spazi con una presenza scenica efficace e non invasiva. Anzi. Si potrebbe dire che è un contesto che gli è molto affine, almeno in questa fase.

E lo dimostra anche con la scelta – se vogliamo perfino un po’ azzardata – di leggere due testi di suoi brani legati alla letteratura: uno è ‘L’avventura di due sposi’, ispirato da un racconto di Italo Calvino e scritto in occasione del centenario della nascita dello scrittore e l’altro è ‘La bella creola’, ispirato da un romanzo di Miguel Bonnefoy, ‘Il meraviglioso viaggio di Octavio’. Azzardata, dicevamo, perché non è mai semplice ‘incatenare’ il pubblico con una lettura e tenere alta l’attenzione, ma c’è riuscito senza grandi problemi, a significare che la strada intrapresa non sarà forse la più semplice, ma sicuramente è molto interessante.
Per lui sicuramente (se no, avrebbe scelto altre strade), ma anche per chi lo segue a cui è permesso così di scoprire nuovi orizzonti, pur guardando lo stesso panorama. Perché, come ci dice Murubutu in ‘Multiverso’, le realtà possono essere tante e parallele. E tutto quello che è accaduto a Roma, in fondo, ce ne dà una prova, pur empirica che essa sia.

SETLIST

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