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I Caravan insieme ai Soft Machine, sono la band più rappresentativa del cosiddetto Canterbury Sound, una filiazione condita di jazz, sperimentalismo e spesso ironia humor e fantasia, del Progressive made in England. Il primo lato dell’album (se parliamo ovviamente del vinile) si divide tra toni molto british ad esempio la prima traccia, una canzone pop screziata di psichedelia e sottilmente leggera e un suono che dal folk si fa decisamente più progressive, dove i tempi si dilatano, permettendo alla band di esprimere tutto il suo potenziale, fatto di ritmiche jazz e lunghe affascinanti fughe tra tastiere e chitarra elettrica. La title track, solare graziosa indimenticabile, come la famosa copertina, si fa amare incondizionatamente. Ma è con la lunga suite ‘Nine Feet Underground’ (occupa l’intero secondo lato del disco), che i Caravan calano il loro asso che li consegnerà alla storia. Nei suoi 22’44 dominati dalle tastiere di David Sinclair e sostenuti da una ritmica jazz rock unica per gusto, leggerezza e complessità, da un cantato sognante e onirico, sintetizza la gaia e impressionante, per bravura, visione dei musicisti. Andando a chiudere un album che ha sollevato e salvato il Prog da pesantezze e ostentazioni varie. Non fosse che per questo, un disco da inserire nella nostra lista dei dischi fondamentali del genere.
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