Disco iconico del Rock a partire dalla copertina che ritrae l’urlo dell’uomo schizoide del XXI secolo, ma soprattutto disco imprescindibile per capire l’evoluzione e l’accelerazione che ha avuto il Rock sul finire degli anni sessanta. Il disco pubblicato nell’ottobre del ‘69, dopo che il nome dei King Crimson circolava da tempo nell’underground inglese e avevano già lasciato un segno clamoroso ad Hyde Park di supporto allo storico concerto dei Rolling Stones, è un capolavoro assoluto e al contempo, un’opera singolare nella immensa produzione del Re Cremisi. Robert Fripp, Ian McDonald, Greg Lake, Michael Giles, il visionario poeta Pete Sinfield, in cinque splendide tracce offrono un saggio della loro bravura che si traduce in un album incantato, romantico e allo stesso tempo, duro, complesso, frenetico, disturbante, dolente. Un disco d’esordio con un attacco così feroce e delirante, non si era mai sentito, una prova di coraggio e sfrontatezza, uno sguardo verso un futuro distopico che ha lasciato un impronta indelebile e di fatto, pur non essendo l’album che fa nascere il Prog, è l’album che ha fatto fare quel salto di qualità al genere, consegnandolo alla storia.
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