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Skeleton Tree: il nuovo album di Nick Cave, da avvicinare con pudore

skeleton treeIl mondo è invecchiato
Tutte le cose che amiamo le perdiamo
Il vento proietta la sua ombra e avanza
Eccole arrivano ora, ecco che arrivano
Ti trascinano via

Al nuovo lavoro di Nick Cave, Skeleton Tree, ci si deve avvicinare con un certo pudore, perché, pur essendo un disco nella tradizione del ‘nostro‘, è allo stesso tempo qualcos’altro.
Inoltre è una cosa sola con il film-documentario sulla realizzazione del disco stesso, dalla cui visione non possiamo prescindere per capire fino in fondo la portata dell’opera, (perché di questo stiamo parlando, di un monumento) che Nick Cave ha messo in atto.

caveLe canzoni scritte in parte prima della tragedia che ha investito la sua famiglia, non possono non risentire di quel fatale tragico destino che ha ingoiato il giovane figlio. Si sono come prosciugate da arrangiamenti considerati in questo caso superflui e il lavoro per sottrazione fatto dai Bad Seeds e dal sodale Warren Ellis è di straordinaria intensità, basta ascoltare il sibilo che squarcia i cupi droni in apertura del disco.

Spolpate, mostrano lo scheletro.
Lasciando spesso la sola voce anche quella scarnificata, ad invocare un canto carico di dolore e di domande, che rincorre i suoi, mai così presenti, fantasmi.

nick-cave-trailer-skeleton-tree-new-album-6fe8c422-45de-4b35-8f50-629af85ee27bIl Cave animato da una tempesta elettrica di sangue rabbioso, aggrappato alla tazza del cesso di una vita sanguinante, non c’è più, dentro quella pelle che vedi allo specchio, vive un’altra persona. Quel Cave sciamano che abbiamo visto camminare sulle mani dei suoi fans, come su lingue di fuoco, lascia il posto ad un uomo smarrito, perduto, annichilito da “forze in gioco più potenti di noi”. Questo rende queste canzoni cosa altra, rispetto alle tante oscure, tormentate ballate assassine dei dischi precedenti. Quelle ormai girano dal 1984 mute e così inutili.

Non un disco fatto o portato a termine per necessità contrattuale (chissà se sarà portato in concerto) ma per purificare e alleviare un’anima: traspare dai video, dalla voce, dalle parole “non importa, niente importa più davvero / quando chi ami se ne è andato”.

cave2E’ grumo di materia dolente, soprattutto per chi l’ha scritta, ma anche per noi che siamo chiamati ad alleggerire il peso ad un uomo che ha messo a nudo tutto il suo dolore e la sua solitudine. Poteva scegliere di non parlarne, o di sparire per un po’ o forse per sempre e invece ha scelto la strada dell’arte come terapia, ha chiamato a raccolta i Bad Seeds e il regista Andrew Dominik e si è messo sotto le luci accese di una telecamera, immaginandole quelle abbaglianti e glaciali di una sala chirurgica.
L’occhio della telecamera usato come un bisturi, è il nostro occhio che spia ora affascinato, ora disturbato, ora angosciato, la miseria e la gloria redentrice di un processo creativo nel suo dipanarsi.
Catartico sicuramente, ma spaventosamente unico e irripetibile.
Sicuro, impreciso a tratti balbettante, spietato, infine salvifico.
Come solo David Bowie con il suo Blackstar ha saputo fare, Cave ha teatralizzato la sua perdizione, si è offerto come sacrificio per espiare un dolore e colmare un vuoto.
Nella speranza che via via si è fatta certezza che la musica gli avrebbe permesso non solo di sopravvivere, ma di vivere.
Non so se Cave sia credente – “vieni qui e siediti e di’ una preghiera / una preghiera all’aria che respiriamo / e alla stupefacente ascesa dell’Anthrocene”  – ma ha trovato nell’arte e nel rapporto tra artista e pubblico, una fede confortante che consola e vivifica.

cave1Ciò che ci chiede un disco come questo, non è cosa da poco. Come tanti chirurghi siamo chiamati a togliere il veleno e ricucire ferite aperte prima che marciscano. Una richiesta un invito a parcellizzare l’infinito smarrimento.

L’amore ridotto a parola singola, si trasforma in un buco nero, donato ad una pluralità non dimezza, non si suddivide, ma anzi moltiplica e amplifica la sua forza e bellezza. Il dolore per contrappunto prende la strada contraria.

Siamo pronti? Emotivamente? Spiritualmente?

Come una Marina Abramovic, Cave sotto i nostri occhi ha raschiato la sua pelle, spolpato la carne, i nervi, pulito il grasso e il sangue e lasciato affiorare il bianco delle ossa.

In fondo solo l’osso nel nostro corpo è sacro.

René Bassani

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1 pensiero su “Skeleton Tree: il nuovo album di Nick Cave, da avvicinare con pudore

  1. Bellissimo, complimenti!

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