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‘Concerti Per Esseri Umani’ di esterina: un nido di musica che protegge, nutre, sazia e arricchisce

Per cogliere il senso di un disco come “Concerti Per Esseri Umani” lo si deve avere fisicamente in mano, toccarlo, aprirlo, annusarlo, si annusarlo. Qualcuno potrà obiettare che lo dico perché ho un negozio di dischi e questo mio invito all’acquisto è una sorta di conflitto d’interessi. Forse. Ma per esempio se lo cercate sulle piattaforme di musica digitale, almeno per il momento, non lo trovate (per scelta legittima della band) e questo vorrà pur dire qualcosa.

Credo che sia anche perché è solo aprendolo che si può capire tutta la poesia che racchiude, nel senso che il cd accolto e protetto dal fieno, si mostra per ciò che in definitiva è: un nido.

Le canzoni di esterina, nascono, crescono fioriscono tra le pareti e i campi di Rietto, la loro sala prove, sorta di rifugio nascosto e segreto che la scorsa estate si è aperta mostrando a tutti noi la sua vera natura di covo di persone assolutamente raccomandabili.

Seduti su presse di fieno, per nove venerdì nell’estate della pandemia, abbiamo goduto di un tour che invece di partire è rimasto lì ad aspettarci, immobile con le sue lampadine e le sue anime, semplicemente ci ha atteso e accolti, tra le calde e umide braccia del “padule”.

L’erba che si fa paglia, tagliata, raccolta e immagazzinata per sfamare bestie e un tempo non troppo lontano, per scaldare donne e uomini, si fa metafora di un processo creativo di canzoni che da sempre parlano dell’oggi con parole che, spesso, sanno di antico. Parole taglienti a volte dolenti, che come poche altre nel panorama musicale italiano, sanno entrare nelle pieghe di carni e cuori.
Il nido di Rietto dimora e rifugio intimo e aspro, come le canzoni che lì vengono covate e dischiuse, è nido che protegge e nutre, sazia e arricchisce.

Non ci sono canzoni nuove (che pure nei live erano state presentate): anche questa una scelta, ma ci sono nuovi arrangiamenti, nuove vesti a canzoni particolarmente belle e intense.

La confezione richiama l’altro live quel “Indecorose – esterina senzacorente” che dieci anni fa più o meno, ha rivelato a tutti l’importanza dei concerti della band che nascono quasi sempre da una necessità intima di comunione e che sono oggi più che mai necessari.

Ci vediamo questa seconda estate di pandemia ancora a Rietto tra folaghe e cannaiole, rane e zanzare tutti insieme, a cercare di custodire la nostra umanità e a comprare (chi vuole ovviamente) l’unico cd che potrete mai avere con dentro la paglia e parole e suoni e canzoni che cantano gli slanci e gli abbandoni, gli abissi e il vuoto, le forme infinite di quotidiana salvezza e quella voglia che sa di erba essiccata al sole, per continuare a sentirci esseri umani.

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