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Dall’Islanda l’incanto delle note dei Sigur Rós sul palco del Lucca Summer Festival

Assistere a un concerto dei Sigur Rós è un po’ come assistere a una metafora della vita. Non sai mai, in un loro brano (ma anche nella vita), cosa aspettarti. Passi da atmosfere rarefatte, che rimandano a quell’Islanda dalla quale provengono, a improvvisi e catalizzanti muri di suono che ti riportano immediatamente a una realtà non così pacifica. Un po’ come nella vita di ogni giorno, dove passi da un momento tranquillo a uno ossessivamente agitato, senza soluzione di continuità.

La serata lucchese dei Sigur Rós è aperta da King Princess, al secolo Mikaela Mullaney Straus, giovane realtà musicale americana che, nel 2022, troviamo in apertura di importanti live come quello dei Red Hot Chili Peppers. La sua proposta musicale non è delle peggiori. Non è delle migliori. E’ una musica senza grandi pretese, facile da ascoltare, che non inventa niente e, forse proprio per questo, piace.

Se lo scopo era quello di ‘scaldare’ il pubblico, non serviva certo King Princess. Ci pensava il clima afoso del luglio lucchese che ha accolto sul palco gli islandesi Sigur Rós. Un palco non diverso da quello di dieci anni fa, quando, per la prima volta si esibirono in piazza Napoleone. Come a riprendere un discorso mai interrotto, le lampadine, quella chitarra suonata con l’archetto, quei fumi che rendono il palco un luogo immerso nella nebbia dei sogni e quei suoni particolari, tornano a creare un’atmosfera magica nella piazza lucchese.

Come se il tempo non fosse passato. O come se, passando, avesse voluto dirci che ci sono cose che non cambiano. Certezze che non scalfisci.

Attraverso la loro musica, si entra in una dimensione diversa. Una realtà parallela che proietta in un mondo che diventa reale nelle note che escono da quelle chitarre distorte all’infinito. Da quella voce che sembra provenire dai meandri di un bosco islandese. Da quell’atmosfera surreale – tra luci e fumi – che potrebbe essere come immaginiamo un altro pianeta. Un pianeta lontano, ma che, al tempo stesso, sentiamo vicino. Che si attacca alla pelle e non va più via.

Ne nasce un concerto che non fa prendere fiato, che spezza le certezze. Un momento sei in una radura tranquilla, attorniato da suoni in qualche misura rassicuranti e il momento dopo stai combattendo contro suoni che mettono in evidenza tutte le contraddizioni di questi tempi.

Il live si chiude senza bis. Ma è normale. Chi segue i Sigur Rós lo sa. Però escono ben due volte sul palco per ringraziare il pubblico lucchese del calore. No, non quello climatico. Ma quel calore scaturito dalla passione per una proposta musicale forse non popolare, ma sicuramente di altissima qualità.

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