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Gli Oxbow festeggiano trent’anni di carriera con il nuovo album ‘Thin Black Duke’, in uscita il 5 maggio

Dopo trent’anni nessuno è ancora riuscito a classificare l’operazione Oxbow e nemmeno c’è andato vicino. Questo può essere sicuramente un risultato positivo per questo gruppo e la sua evoluzione, ma descrivere accuratamente tutte le fasi della carriera degli Oxbow – che conta sette album – non è affatto semplice, come, del resto, non è facile descrivere il metaforico sentiero del loro sentiero creativo.
Spesso sono stati etichettati come ‘noise’, ‘avant-garde’ o ‘sperimentali’, ma cercare di incasellarli in qualcosa di più specifico che un generico ‘rock’ diviene sicuramente problematico. Adesso gli Oxbow si lanciano con ‘Thin Black Duke‘ in una nuova sfida che sarà sul mercato a partire dal 5 maggio.

La band sicuramente impiega strumenti classici del rock e con la sua musica mostra un percorso che è comunque legato al blues, ma questa vaga spiegazione significa veramente poco. Si è quindi provato ad etichettarli come ‘punk’, ma anche questa classificazione è veramente riduttiva, poiché sono frequenti le incursioni, ad esempio, nel mondo del jazz e del free jazz, che ha fortemente influenzato la scena hardcore americana. Eppure, il ‘primitivismo’ del punk è ben presente nella musica degli Oxbow.

In particolare, in ‘Thin Black Duke’, dove le usuali armonie senza riposo della band sono assorbite da un ostentato pop barocco che viene inserito nelle dinamiche polarizzate in uno scopo che si muove tra il sublime e l’insopportabile. Questo è il nuovo territorio musicale in cui si sono addentrati gli Oxbow.

In questo nuovo album, comunque, si trovano anche gli echi del passato, con le chitarre ‘ruggenti’ che avevano caratterizzato i lavori che hanno preceduto ‘Thin Black Duke’. Altre suggestioni arrivano, invece, dalla passione – forse abbastanza recente – degli Oxbow per l’esplorazione della dissonanza e della struttura, della melodia e dell’astrazione.

«Sicuramente – dice il chitarrista Niko Wenner – tutti noi abbiamo realizzato sempre più che nessuno di noi sta divenendo più giovane. Vedere e toccare con mano la nostra mortalità ci fa capire quanto tutto sia effimero».
Per questo disco, quindi «Ho voluto – afferma – andare perfino oltre, nel senso che abbiamo sempre registrato come se la musica fosse il filo conduttore dell’album, una sorta di ‘coerenza su larga scala’, se vuoi. In questo caso, sono stato ispirato dalle Variazioni di Goldberg su Bach e sulla forma tecnica nella musica classica, dove una piccola idea viene espansa fino a divenire un pezzo di musica permeato di un potente profumo di quel piccolo elemento».

Ecco perché l’orecchio attento in questo disco troverà degli elementi musicali ricorrenti, che si ripetono durante tutto ‘Thin Black Duke’: trovare questi elementi non significa necessariamente apprezzare l’album, ma come lo stesso Wenner suggerisce: «Penso di non essere il solo che prova una soddisfazione viscerale quando può guardare all’interno di qualcosa in maniera sempre più approfondita e trovarci sempre qualcosa di più».

Il principio di dualità degli Oxbow può essere visto nella strategia creativa conflittuale di Wenner contrapposta alla forza compositiva dal punto di vista testuale del vocalist Eugene Robinson. La combinazione dei due dà vita a un lavoro estremamente congruo.

TRACKLIST

  1. A Gentleman’s Gentelman
  2. Cold & Well-lit Place
  3. Ecce Homo
  4. Host
  5. Letter Of Note
  6. Other People
  7. The Finished
  8. The Upper
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