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I migliori del 2021: le scelte delle testate nazionali e internazionali sugli album usciti quest’anno

E’ una tradizione dello Sky Stone & Songs tirare le somme dell’anno appena trascorso dal punto di vista musicale.
Quest’anno, oltre alla segnalazione dei titoli, abbiamo messo anche una piccola descrizione del disco, per cercare di capire come mai proprio questi titoli siano stati scelti come emblematici di quest’anno.

Non ci resta che andare a scoprire quali sono stati i dischi che la stampa nazionale e internazionale ha segnalato come le migliori uscite dell’anno e la nostra medaglia d’oro.

Buona lettura!


Little Simz
Sometimes I Might Be Introvert

DISCO DELL’ANNO PER
– BBC
– IL POST

Uno dei dischi più votati e osannati dell’anno lo ha fatto una ragazza anglo-nigeriana che si chiama Simbiatu “Simbi” Abisola Abiola Ajikawo, meglio conosciuta come Little Simz. Prodotto da Inflo, che anima il progetto Sault – e già questo può bastare per far capire il valore della ventisettenne “piccola Simz” -, ‘Sometimes I Might Be Introvert’ è disco ricco nella scrittura e nei sontuosi arrangiamenti. Il flow scorre su un crinale di profonda introspezione, senza drammi o angosce, ma semplicemente per spiegare al mondo cosa significa oggi essere donna, nera e (ma questo lo diciamo noi) erede annunciata di Lauryn Hill


Jazmine Sullivan
Heaux Tales

DISCO DELL’ANNO PER
PITCHFORK
THE VULTURE
LOS ANGELES TIMES
WIRED
NPR

Il sito della National Public Radio (NPR) che comprende oltre 900 emittenti americane, come ogni anno ha stilato su indicazione delle radio affiliate la classifica del miglior album del 2021. Heaux Tales col suo elegante R&B, ha colpito pubblico, critica e addetti ai lavori. Otto canzoni, più intermezzi parlati, 32 minuti, per raccontare storie intime di donne amore e sesso. Disco dell’anno anche per il prestigioso e influente sito Pitchfork, per Wired e diverse altre testate giornalistiche.


Floating Points, Pharoah Sanders & The London Symphony Orchestra
Promises

DISCO DELL’ANNO PER
ROLLING STONE ITALIA
PASTE
IL GIORNALE DELLA MUSICA

Il dj e produttore inglese Floating Points, il leggendario sassofonista jazz Pharoah Sanders, (81 anni, una leggenda vivente, già alla corte di John Coltrane) e l’Orchestra Filarmonica di Londra, danno alle stampe un disco, onirico, sospeso, magico dove sui tappeti ipnotici di Points, si stagliano da una parte, gli interventi e gli archi dell’orchestra sinfonica e dall’altra i fraseggi puri ed essenziali di uno dei più grandi sassofonisti in circolazione. Osannato dalla critica, mescola jazz cosmico, ambient, elettronica e classica contemporanea. Lucente come un’alba nello spazio.


Arab Strap
As Days Get Dark

DISCO DELL’ANNO PER
– ONDAROCK
– ROCKERILLA

Dal loro primo album sono passati 25 anni ma il duo scozzese (Aidan Moffat e Malcolm Middleton) non cede un centimetro di terra a un mondo drogato di tutto, meno che di bellezza, che qui ovviamente come avverte il titolo, risplende nel buio. Una voce che spesso canta in un caldo e profondo spoken word, ci conduce lungo le vie di un post rock che si fa ora folk ora canzone d’autore. Fatti propri certi canoni indie-tronici, gli arpeggi circolari ci risucchiano in una realtà fatta di oscurità, bagliori, languore e poesia.


Low
Hey What

DISCO DELL’ANNO PER
BLOW UP
INDIEFORBUNNIES

Due anni dopo quel capolavoro di terrorismo sonoro che è stato Double Negative, i Low, colpiscono ancora una volta con un album tanto ruvido nei suoni  quanto lirico e avvolgente nel gioco delle due voci, non sempre umane, dei protagonisti. Rock che guarda all’Avanguardie con canzoni cariche di distorsioni e accordi reiterati suonati in modo continuo a creare bordoni ambient. Una marea nera potente intensa e immensa che abbraccia le anime smarrite nel loro incatenarsi ad una materia sempre più distorta e angosciante. Ma libere di perdersi nello spazio vuoto e infinito tra le stelle. Inarrivabili!


Dry Cleaning
New Long Leg

DISCO DELL’ANNO PER
RUMORE

L’onda nuova del post-punk inglese ci regala un nuovo gioiello, lungo le linee segnate con carbone nero dai maestri Joy Division e Fall. Al loro primo disco i londinesi Dry Cleaning, articolano uno suono scarno ma potente (chitarra basso e batteria) con la loro cantante (non/cantante) Florence Cleopatra Shaw, a recitare poesie esistenziali, canti narrati di ordinaria, spesso tediosa quotidianità. Uno spoken word mai urlato ma salmodiato, cadenzato e ipnotico, di oltre 40 minuti, prodotto da John Parish e licenziato dai tipi della 4AD. Uno dei gioielli di questo 2021.


War On Drugs
I Don’t Live Here Anymore

DISCO DELL’ANNO PER
STEREOGUM

Disco da gustare magari durante un lungo viaggio, il nuovo album della band dei War On Drugs di Adam Granduciel si muove lungo le familiari coordinate di un suono che va da Dylan a Springsteen a Tom Petty fino a Don Henley e una dichiarata passione per gli anni ’80. A loro modo ormai dei classici del genere, chitarre elettrice e tastiere, ballate agrodolci e lunghe corse sulle Highways con una decappottabile. Per i nostri gusti in alcuni passaggi un po’ troppo Miami Vice, ma il disco conferma nei suoi passaggi più ispirati un cuore vivo che batte dalle parte dei Waterboys.


Duane Pitre
Omniscient Voices

DISCO DELL’ANNO PER
MOJO

Duane Pitre è un compositore sperimentale americano, tra elettronica, ambient e minimalismo contemporaneo. OV presenta cinque mini-suite per pianoforte accordato usando la just intonation, un sistema di accordatura che si basa sui numeri interi e due sintetizzatori hardware microtonali. Un dialogo che unisce il mondo acustico, caldo e organico con le fredde lande di macchine in codici binari. Lo scenario  si dipana tra inquietanti droni e armonie (non) convenzionali sempre mosse da un impalpabile equilibrio tra caos e disciplina, in un gioco continuo di specchi e rimandi. Sperimentazione e minimalismo.


Olivia Rodrigo
Sour

DISCO DELL’ANNO PER
BILBOARD
ROLLING STONE INT.

La diciottenne Olivia Rodrigo con il suo album di debutto Sour è uno dei fenomeni di quest’anno e malgrado i più che comprensibili mal di pancia nell’approcciarci ad una nuova (l’ennesima) reginetta del pop, mai, anche se siamo lontani anni luce, farsi trovare impreparati. Intanto parliamo di un disco di pop non plastificato e ampolloso, che nei suoi tratti generazionali, riserva una certa dose di cinismo e acidità e una vena dolente che non dispiace. Rimaniamo in attesa dunque e vediamo gli sviluppi futuri. Se son rose fioriranno e se son acide vediamo dove ci porteranno.


Lana Del Rey
Chemtrails Over The Country Club

DISCO DELL’ANNO PER
DISCOGS

Con Lana Del Rey, volenti o nolenti si deve fare i conti se vogliamo parlare di musica pop (e di un pop tanto sofisticato quanto profondo) nel XXI° secolo. Il settimo album è una conferma che svela una musica sognante, colma di languore e malinconia. Qualcuno cita Joni Mitchell di cui in chiusura ripropone For Free, e se forse la grandezza dell’autrice di Blue e Hejira è inarrivabile, non di meno l’indie pop che si fa folk vellutato e sussurro intimo della diva/antidiva finalmente donna tra le donne (vedi copertina) rimane oggi un punto fermo con cui, appunto, fare i conti.


Space Afrika
Honest Labour

DISCO DELL’ANNO PER
SENTIREASCOLTARE

Vengono da Manchester ma le origini degli Space Afrika vanno cercate in Nigeria e hanno il suono più contemporaneo che potete richiedere. Un suono stratificato, composto di trip hop destrutturato, sovrapposizioni, dark ambient, elettronica, rap, spoken word, suoni registrati e trattati, cinematica sparsa e schegge di tutto ciò di cui si cibano nel loro peregrinare metropolitano e cosmico. Frammenti, frasi, suoni e umori Tricky e Burial, a comporre un collage downtempo, lento e inarrestabile come un blob che assimila, ogni eco parola o visione che incontra. Ipnotico, notturno, necessario.


Tyler The Creator
Call Me If You Get Lost

DISCO DELL’ANNO PER
CONSEQUENCE OF SOUND

Il produttore, songwriter, rapper californiano Tyler The Creator, edita un disco duro che attraversa più o meno tutti i generi della musica black. Ovviamente l’hip hop, ma anche la trap, il soul, l’R&B, il reggae, l’urban jazz. Dopo il grande successo del precedente album, Tyler The Creator, spiazza chi si aspettava un tuffo nel mainstream, fa solo ciò che gli piace e lo fa con quel talento che si coglie in ogni passaggio dei suoi sofisticati e sontuosi arrangiamenti, nelle campionature sempre ricercate e nelle rime serrate, sparate in faccia agli ascoltatori.


Self Esteem
Prioritise Pleasure

DISCO DELL’ANNO PER
THE GUARDIAN
ALBUM OF THE YEAR

Al secondo album Rebecca Lucy Taylorin in arte Self Esteem, coglie nel segno di un electro pop venato di R&B. Un album sfacciato, sensuale, dove come ci dice il titolo – Prioritise Pleasure – le priorità sono i suoi bisogni, non ultimo il desiderio di imporre la sua femminilità in un mondo (anche quello della musica) declinato al maschile. Non ha paura di mostrare ogni sfaccettatura del suo essere donna, le paure, i desideri, la vera o presunta lunaticità umorale. A chi interessa è nata una nuova Christina Aguilera, per tutti gli altri rimane un ascolto che a giudicare dai numerosi apprezzamenti (tali da portarla in questa lista dei dischi del 2021) potrà forse dare non poche soddisfazioni.


Sam Fender
Seventeen Going Under

DISCO DELL’ANNO PER
NEW MUSICAL EXPRESS

Nominato come Best New Artist ai BRIT Awards del 2020, il giovane cantante inglese, Sam Fender, al secondo lavoro, conferma quanto si era sentito sull’album (disco d’oro) d’esordio Hypersonic Missiles. Ha fatto una lunga gavetta, suonando live nei piccoli pub inglesi, con un occhio, un orecchio e un sogno che lo rimandava ai grandi spazi d’oltre oceano riempiti dai fans del suo idolo B. Springsteen. Il Boss rimane punto di orientamento ma anche War On Drugs e Killers, sono elementi che ritroviamo nel suo rock melodico, introspettivo e radiofonico il giusto.


Turnstile
Glow On

DISCO DELL’ANNO PER
SPIN

Un po’ di sano punk hardcore per questa lista dei dischi dell’anno, fa sempre bene. I Turnstile provengono da Baltimora e pubblicano per la Roadrunner, un disco  giovanile e grintoso che miscela punk e nu-metal che ha conquistato il podio per i tipi di Spin. Un gusto retromane che guarda al mondo alternative degli anni 80/90, un album crossover hardcore spettacolare tutto riff e grinta, suonato con la giusta velocità e passione. Secondo alcuni “the biggest thing in hardcore”.


R. Plant/A. Krauss
Raise The Roof

DISCO DELL’ANNO PER
CLASSICROCK

Robert Plant torna a collaborare con Allison Krauss la cantante bluegrass country dopo il fortunato Raising Sand di ben 14 anni fa. Ancora sotto la supervisione di T-Bone Burnett, che firma insieme a Plant l’unico inedito del lotto, i due con una schiera di compagni (Marc Ribot, Bill Frisell, David Hidalgo, tra gli altri), pescano nel canzoniere americano e inglese, perle più o meno conosciute tra folk, country e blues. Di rock se ne sente poco, se non nell’inedito High and Lonesome, ma tutto scorre a meraviglia, le voci sono splendide e la band che le supporta, in uno stato di grazia. A questo punto speriamo di non dover aspettare altri 14 anni per un nuovo piccolo grande gioiello.


Iosonouncane
Ira

DISCO DELL’ANNO PER
SKY STONE & SONGS

Il nostro Disco del 2021 è ‘Ira‘ di Iosonouncane, un’opera complessa e monumentale, una cattedrale sonora di 1 ora e 49 minuti. Un’immensa costruzione ambient elettronica che è e sarà pietra d’angolo per la musica indipendente italiana e non solo. Una sfida, come scendere negli abissi oceanici o decidere di scalare gli ottomila. Una liturgia cantata con lingue diverse in una babele di voci e suoni inquietanti ma rassicuranti allo stesso tempo. Mai si era sentito in Italia una cosa del genere, un disco (e la storia ce ne darà ragione) da mettere sulla stessa linea di capolavori come Tilt o Bish Bosch di Scott Walker o al dittico Kid A/Amnesiac dei Radiohead. Tribale e poetico, ossessivo, imponente e impenetrabile come il monolite di 2001 Odissa Nello Spazio. Solenne.

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