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Schegge di Led Zeppelin sul palco del Lucca Summer Festival con Robert Plant nel live con Alice Krauss

Ci sono concerti che si vanno a vedere più per chi è sul palco che per la proposta musicale del momento. E’ stato quello che ha mosso me nei confronti di Robert Plant che, al Lucca Summer Festival di quest’anno, è arrivato assieme a Alice Krauss, stella americana del country, con un progetto musicale che proprio in questo genere affonda le sue radici.

Genere musicale che non mi è proprio congeniale, ma tant’è. Avere davanti un pezzo della storia della musica contemporanea, come Robert Plant può valere la pena di ascoltare della musica countrieggiante.

Con questo spirito, a dire il vero poco onesto nei confronti di chi da lì a poco sarebbe salito sul palco, mi sono approcciata al concerto in programma in piazza Napoleone, di fronte a un pubblico prevalentemente formato da stranieri, ma dove non mancano i nostalgici dei Led Zeppelin nostrani.

In realtà le cose sono andate molto diversamente.

Il concerto è stato meno ‘country’ di quello che il disco uscito alcuni mesi fa avrebbe potuto far pensare.

E va detto che Robert Plant è davvero sempre lui sul palco. A vedere i filmati – eh già, l’età non permette altro che usufruire dei pochi e malconci filmati dell’epoca Led Zeppelin – si ha la netta impressione che il tempo si sia fermato per lui. Oddio, in realtà le rughe testimoniano che è passato, ma la vitalità e il modo di esibirsi è sempre quello di allora.

Capelli biondi e lunghi al vento, voglia di essere al centro della scena, mette sicuramente in ombra Alice Krauss, che appare poco più di un ectoplasma sul palco.

Una backing vocal di eccezione, ma poco altro rispetto all’interezza dello spettacolo. Sì, anche a lei sono concessi un paio di pezzi da ‘quasi-solista’, ma il suo apporto è veramente minimo.

Voci di corridoio hanno, a posteriori, spiegato il fatto che fosse così appannata dicendo che era febbricitante. E’ possibile: tra caldo e virus, ci sta tranquillamente che stesse poco bene.

In tutti i casi, il mattatore del live è e resta Robert Plant.

Supportato da una band di buon livello – non ottimo, ma buono sì – forse ha scontato una parte ritmica non proprio all’altezza, ma alla fine in un genere musicale come quello proposto, tutto sommato è una manchevolezza plausibile.

Meno plausibile in un live di questo livello, la poca accuratezza dell’allestimento del live. Lo sfondo era a dir poco inguardabile: l’immagine di una tenda a panneggi veneziani di color avorio veramente deprimenti. Immagine fissa. Sempre quella. Penso avrebbe dovuto rappresentare lo sfondo di un teatro, in realtà era abbastanza squallido.

Forse ci si sarebbe aspettati qualcosa di più da nomi di questa grandezza, ma alla fine quello che conta è quanto accade sul palco, più che quello che fa da sfondo. E, sul palco, c’è stata tanta buona musica, che ha alternato generi e periodi, facendo alla fine passare una serata piacevole anche a chi aveva dei (forti) pregiudizi su quello che avrebbe ascoltato.

Ma forse è questo quello che succede ad andare a sentire delle ‘leggende viventi’ della musica. Succede quello che non ti aspetti.

Due parole anche sul ‘prima’. L’apertura della serata è stata affidata a Carmen Consoli che ha dato vita – assieme a Marina Rei – a una bellissima performance, nella quale ha ripercorso le tappe salienti della propria carriera, ma ha anche dato spazio all’ultimo album, uscito questa primavera.

La Consoli si è dimostrata, anche in questo caso, una performer a tutto tondo, che riesce non solo a coinvolgere il pubblico – che chiaramente era lì con i Led Zeppelin nel cuore – ma anche a intrattenere e creare un buon rapporto con quell’audience che, diversamente, poteva essere se non ostile, almeno indifferente. Invece, il suo live ha coinvolto tutti i presenti, italiani e non. E questo è un risultato non da poco.

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