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Showcase – L’attualità di Emily Dickinson nell’opera di Giacomo Vezzani, ‘The Saddest Noise, The Sweetest Noise’

Ci sono autori che vengono detti ‘immortali’. E lo sono. La loro opera – a qualsiasi forma d’arte afferisca – parla al di là del tempo e chi l’ascolta nel Terzo Millennio può trovarvi elementi attuali anche se provengono dall’800.

Questo è ancora più vero e ancora più forte quando l’opera ottocentesca viene riletta da un artista contemporaneo che ci proietta in quell’immaginario, facendo sì che divenga patrimonio di ognuno che lo ascolta.

E’ quello che è accaduto venerdì sera con Giacomo Vezzani che ha presentato ‘The Saddest Noise, The Sweetest Noise’, il suo progetto – inserito nel festival Lucca Visioni – che ruota attorno alle poesie di Emily Dickinson.

Apparentemente la Dickinson, proprio per la sua storia, potrebbe apparire lontana da questi tempi.
Oggi che il tempo vola veloce via, Emily Dickinson in qualche modo lo fermò.
Oggi che tutto sembra ruotare attorno all’apparenza, Emily Dickinson compì il percorso inverso e si ritirò per guardarsi dentro, interiorizzando la sua vita.

Insomma, sembrerebbe l’esatto opposto di quello che avviene oggi.

Eppure, la lettura che ne dà Vezzani nella sua opera porta a comprendere come, alla fine, il mondo della Dickinson non sia poi così lontano da noi.

Un progetto, come racconta lui stesso, nato durante la prima fase della pandemia, quando, volenti o nolenti, abbiamo dovuto tutti fare i conti con la parte più intima di noi stessi. Una ricerca nata dalla necessità esterna, mentre per la Dickinson è stata una scelta libera e slegata da ogni vincolo e costrizione. Ma questa è la sola differenza.
Vezzani ha infatti riscontrato che il percorso fatto dalla poetessa inglese era, in fondo, lo stesso compiuto da lui e, con grande probabilità, da moltissime altre persone.

Ed ecco che otto poesie sono divenute altrettanti brani che vanno a comporre ‘The Saddest Noise, The Sweetest Noise’. Ma sono anche otto bauli, scrigni che contengono la rappresentazione affidata a otto artisti diversi di altrettanti ‘sentimenti’ protagonisti delle poesie e dei brani e che ‘invadono’ la città, spuntando in luoghi diversi.

Ma tornando a venerdì sera, quello a cui si è assistito è qualcosa che va oltre la mera esecuzione di alcuni brani. E’ rendere vivi dei pezzi. E’ coinvolgere, fosse anche solo emotivamente, tutti i partecipanti.

Assieme a Giacomo Vezzani, la bravissima Francesca Colombo che, con il suo violino, ha accompagnato per mano il pubblico nel mondo di Emily Dickinson, dando la giusta lettura della colonna sonora creata da Vezzani per accompagnare le parole della poetessa.

E’ difficile rendere a parole qualcosa che vive e gioca sulle emozioni. Un qualcosa che parla alla testa, ma anche all’anima. E lo fa attraverso le parole della Dickinson che si snodano sui suoni di Vezzani. Suoni che a tratti ricordano David Sylvian, a tratti i Talk Talk e che immergono in un’atmosfera un po’ sognante, un po’ cupa, ma che fa sempre intravedere quel raggio di sole tra le nuvole, per cupe che esse siano.

Ma la magia scatta quando l’ordinario diviene straordinario. Ed ecco che la strada si trasforma in palcoscenico. La navetta che collega una parte all’altra della città, diviene un ‘oggetto di scena’, inconsapevole e un po’ stupita. Il negozio di fronte, spazio da coinvolgere, fosse anche solo per qualche istante.

Per chi si fosse perso la performance, qua ci sono un po’ di foto, ma soprattutto il 26 novembre, alla Cavallerizza ci sarà un’altra performance di Vezzani, sempre con Francesca Colombo, mentre in vari luoghi della città si possono trovare gli scrigni che racchiudono le opere d’arte e la musica di questo progetto artistico che vale sicuramente la pena di approfondire.

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