La copertina del quarto album da solista di Emma Ruth Rundle, ‘On Dark Horses’ mostra una foto sfuocata della cantautrice che si oscura il volto con un pupazzo dalle gambe spezzate. La foto suggerisce qualcosa di candido ma anche di nascosto, di aggraziato, ma anche di rotto: perfetto ritratto di un’artista che ha fondato la propria carriera tra il mistero e l’esposizione delle proprie ferite al mondo.
Il suo primo album da solista, ‘Elecrtic Guitar: One’ era un insieme di brani creati su chitarre che rimandavano a Robert Fripp e registrate nel vano posteriore di un camper del tour con i Red Sparowes. E’ un disco che non rivela niente della narrativa personale della Rundle. Il primo picco arriva con ‘Some Heavy Ocean’, dove a spiccare è la voce della Rundle e la sua potenzialità.
C’era una precisa differenza quando la cantante pubblicò ‘Marked for Death’, una profonda meditazione personale sulla moralità e sui comportamenti autodistruttivi. La sua intera traiettoria musicale sembra un progressivo aprire lo scrigno dei segreti più intimi.
Con ‘On Dark Horses’, la cantautrice non si nasconde dalle realtà scomode e non si ritira in un mondo privato, ma cerca di catturare un’artista che è sopravvissuta al suo personale nadir, per riemergere ancora più forte dall’altra parte.
«Questo album – spiega Rundle – è sul riuscire a dominare, comprendere e abbracciare le situazioni paralizzanti e, quindi, crescere oltre a queste».
TRACKLIST
- Fever Dreams
- Control
- Darkhorse
- Races
- Dead Set Eyes
- Light Song
- Apathy on the Indiana Border
- You Don’t Have To Cry