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Steven Wilson – Hands. Cannot. Erase.

stevenwilsonSe dovessimo dare un volto al rock progressive degli Anni Duemila, questo non potrebbe non essere che quello di Steven Wilson. Da tempo celebrato da pubblico, critica e musicisti come il grande ‘guru’ di questo genere, Wilson è uscito con un nuovo lavoro, ‘Hands. Cannot. Erase.’, perfetta esemplificazione del progressivi wilsoniano.

Partiamo dall’inizio e, cioè, dal progetto che sta dietro a questo lavoro: dopo aver visto un film su un fatto di cronaca, ‘Dreams of a life’, Wilson ha iniziato a pensare e ripensare alla storia raccontata e l’ha in qualche modo approfondita, ampliata, fino a farla divenire esemplificatrice dell’alienazione con la quale si deve fare i conti nella società contemporanea.

La storia è tanto semplice, quanto triste: Joyce Carol Vincent, una donna di 38 anni, ben inserita nella società in cui vive, muore nel suo appartamento nel 2003, ma il suo corpo viene trovato solo nel 2006. Per tre anni, nessuno si accorge di niente. Nessuno la cerca. Nessuno si preoccupa di andare a vedere a casa sua.
Tanto basta per far partire una riflessione che, attraverso la storia – immaginata – di Joyce ci porta a pensare a come, sebbene si viva in un mondo costantemente connesso, si possa essere tremendamente soli e isolati.

Temi, quindi, molto urbani e contemporanei che, rispetto a lavori passati, proiettano Wilson nel presente.

Questa proiezione nel presente dell’album è percepibile anche nei brani del disco, con alcune concessioni a canzoni più pop e meno progressive. Sono proprio le canzoni che maggiormente si allontanano dal mondo prog che rappresentano gli episodi migliori di un album sicuramente interessante.

Non temano, comunque, gli appassionati di questo genere musicale: le suite lunghissime non mancano e nemmeno i chiari richiami a King Crimson, Genesis o Yes.

Il progressive c’è. E’ vivo e sta bene in questo disco.

Ad ogni modo, rispetto soprattutto ai primi album dei Porcupine Tree, questo lavoro non dice niente di nuovo.

Pregevole e importante è l’apporto vocale di Ninet Tayeb, che, con la sua voce, dà credibilità a un racconto tutto al femminile.

Ci sono, comunque, dei limiti e il più grande di questo artista è sicuramente quello di guardare troppo indietro. Di non attualizzare un suono che riporta direttamente agli Anni Settanta.
Cosa che rende felici i nostalgici, che lo acclamano a prescindere, prima ancora di sentire i suoi lavori, ma rischia di diventare il più grosso limite di un musicista che, di fatto, è uno dei più geniali in circolazione.

TRACKLIST

  1. First Regret
  2. 3 Years Older
  3. Hand Cannot Erase
  4. Perfect Life
  5. Routine
  6. Home Invasion
  7. Regret #9
  8. Transience
  9. Ancestral
  10. Happy Returns
  11. Ascendant Here On…
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