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Un ‘Temporale’ ripulisce il cielo musicale estivo: il nuovo singolo di Murubutu

Con la forza e l’irruenza di un temporale estivo che spazza il cielo dalle nuvole di una musica di qualità abbastanza discutibile, arriva il primo singolo di Murubutu dall’uscita di ‘Tenebra è la notte e altri racconti di buio e crepuscoli‘. ‘Temporale’ – il titolo, appunto – è uscito da poche ore e, proprio dalle parole dell’autore, apprendiamo che è uno dei tanti possibili sviluppi de ‘I marinai tornano tardi’ – brano che si trova nell’album «Gli ammutinati del Bouncin’» – e della cui esistenza si era appreso un po’ di tempo fa, in un incontro.

Innanzi tutto il brano.
Temporale’ segue una strada che Murubutu sta tracciando già da diverso tempo. Una strada che lo porta sempre più a raffinare sia il suono, sia l’esecuzione, sia il contenuto.
E’ doveroso sottolineare come sia un valore aggiunto non da poco la voce di Dia: la sua presenza, se da una parte dà sicuramente leggerezza al brano, dall’altra lo rende più intenso.

Altro elemento da mettere subito in evidenza è la produzione di Gian Flores. Se in alcuni brani ci è sembrata una produzione un po’ troppo ricca, adesso Gian Flores sembra aver trovato un equilibrio decisamente buono che va verso una ‘sottrazione’ che mette in risalto le sue capacità. Era già accaduto con ‘Lampi nel blu’ di Claver Gold, dove un suono asciutto aveva fatto perfettamente da sfondo a un testo altrettanto asciutto, ma – forse – qua arriva a un punto ancora più alto dove musica, parole e atmosfere del brano trovano una sintesi pressoché assoluta.

Fatte queste brevi premesse, si può scendere tranquillamente nel brano.
Se ‘Temporale’ da un lato ricalca in tutto e per tutto quelli che sono gli standard di Murubutu e, cioè, riuscire a raccontare una storia complessa in un brevissimo lasso di tempo, facendo emergere, grazie a un sapiente uso delle parole, tutte le sfumature che il racconto ha in sé, dall’altro prosegue in quella ricerca stilistica che già si era evidenziata nel passato, ma che forse qua perde il sapore di sperimentazione per divenire qualcosa di più consolidato.
Ne viene fuori un brano molto raffinato che ti prende per mano e ti fa vivere le emozioni raccontate.
Un po’ come accade ne ‘I marinai tornano tardi’ da cui questo trae origine. Ma anche un po’ come succede in quasi tutti i brani di Murubutu.

‘I marinai tornano tardi’ è e resta sicuramente uno dei pezzi più amati dai fan di Murubutu. Aver scelto di rimettere mano a quella storia e, in qualche misura, ‘cambiarla’, denota sicuramente un grande coraggio. O incoscienza. Dipende.
In tutti i casi, da brano che potremmo definire «dell’attesa», con questa nuova linea narrativa si è trasformato in brano «del ritorno».
E l’esperimento delle ‘sliding doors’ tutto sommato è riuscito perfettamente, dando vita a un’altra storia ‘parente stretta’, ma comunque diversa e ugualmente valida.

Interessante, da un punto di vista meramente letterario, anche la scelta fatta. Pensandoci, la strada più semplice sarebbe stata quella di far rivivere il marinaio morto in mare. Trasformarlo, insomma, da ‘morto’ a ‘disperso’. E poteva tornare, trovando una realtà sospesa nell’attesa, oppure una situazione completamente mutata. Questa sarebbe stata una possibile (ma soprattutto semplice) evoluzione. Ma, ammettiamolo, sarebbe anche stata una strada piuttosto scontata.
Ecco, quindi, che il percorso disegnato da Murubutu come possibile alternativa va in un’altra direzione e si caratterizza con la fuga da una perdita troppo pesante da sopportare e, poi, dal ritorno proprio in quel luogo, per riscoprirlo e riscoprirne il legame.

Alla fine, questo singolo che vede il ritorno sulle scene di Murubutu in versione solista, dopo molte collaborazioni e dopo il successo di INFERNVM, ma che fa anche ben sperare per l’arrivo di un nuovo album in tempi non biblici, rappresenta un ottimo esempio (l’ennesimo nella sua discografia) di come si possa fare letteratura in un brano. Anzi, andando oltre, di come si possa fare letteratura in un brano rap. Che poi è quello che Murubutu sostiene e persegue da sempre. E, per intensità e atmosfere, si attesta a diventare una pietra miliare.

Per chiudere, però, mi sembra giusto lasciare alle parole dell’autore la chiosa su questo pezzo. Già, perché chi meglio di lui può sintetizzarne il senso?
«Da sempre mi intrigano le infinite vite possibili che ci ruotano attorno prima di fare una scelta. Quanti sentieri si aprono, quanti rimangono sospesi e invisibili ogni volta che decidiamo di percorrere una direzione invece che un’altra?».

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