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Il ‘paesaggista del rap’ Murubutu e il rapporto tra la sua musica e la letteratura nell’incontro di San Giovanni Valdarno

Quale rapporto esiste tra rap e letteratura? O, meglio, può esistere ed esiste un rapporto tra rap e letteratura? Sono le domande che hanno fatto da sfondo all’incontro che si è svolto a San Giovanni Valdarno degli studenti delle superiori con Murubutu. Domande alle quali, oggettivamente, in pochi possono rispondere e, in effetti, Murubutu è uno di questi. Forse il solo che può dare una risposta che sia credibile, proprio per quella che è la sua proposta musicale. E lo fa non con il suo pubblico, ma con una platea di studenti dei quali deve catturare interesse e attenzione. Non una sfida facile, in effetti, ma che vince in scioltezza.

Nel silenzio della sala del Teatro Masaccio, infatti, terminata la parte ‘istituzionale’ con il presidente del consiglio regionale, Antonio Mazzeo, a fare gli onori di casa, Alessio Mariani-Murubutu ha risposto alle domande prima dell’intervistatrice e, successivamente, degli studenti, che, dopo qualche titubanza, hanno preso il coraggio e hanno sollevato non poche questioni a Murubutu.

Essenzialmente si è parlato del percorso creativo che porta il rapper alla nascita dei suoi brani e ampio spazio è stato dato al suo ultimo lavoro, ‘Storie d’amore con pioggia e altri racconti di rovesci e temporali’ (leggi qua), ma Murubutu ha anche spiegato cosa sia il ‘rap didattico’ che non manca mai di proporre nei suoi album.
«Brani come ‘La battaglia di Lepanto’ – dice – sono un esempio di rap didattico, nel senso che rendono più fruibile e accessibile un episodio storico che, poi, dovrebbe essere approfondito per studiarlo. Quello che propongo, in definitiva, è un modo per incuriosire e andare più in profondità».

Ma non sempre viene inteso in questo modo. Proprio parlando de ‘La battaglia di Lepanto’, racconta che ha trovato studenti che lo hanno ringraziato, perché con il suo testo sapevano quello che serviva loro sull’episodio, pur senza aprire libro: «Ma non è così che funziona – sottolinea Murubutu, forse più in veste di ‘professore’ che di ‘rapper’ – il testo del brano dovrebbe essere solo un punto di partenza, per poi studiarlo in modo tradizionale». In tutti i casi, il rap didattico è sicuramente una delle peculiarità di Murubutu – basti pensare alla serie delle ‘Armate delle tecniche’, vero e proprio compendio di retorica (leggi qua) – e rappresenta certamente una delle cose che lo rendono ‘unico’ nel panorama musicale italiano.

Essendo, però, il tema quello della letteratura, non si può certo prescindere dalla parte più legata alla narrazione che viene definita dall’autore, nella maggior parte dei casi, ‘biografica’, raccontando storie di persone che hanno attraversato epoche molto diverse tra loro e che, in qualche modo, vivono storie in cui tutti possono trovare echi della propria vita e con cui possono entrare in contatto. «Mi definisco ‘un paesaggista del rap’ – dice – e spesso le mie storie sono vere e proprie biografie che nascono da cose che mi commuovono, siano esse libri, storie o incontri».
Ammette lui stesso che nei suoi testi c’è una stratificazione di significati e più livelli di lettura, ma in fondo è questo che rende li interessanti. «In questo modo – spiega – non ho un pubblico di elezione a cui rivolgermi, ma un pubblico molto eterogeneo e un target trasversale: i più giovani, magari, si lasciano affascinare da una lettura più in superficie, mentre ad altre età, si vedono e si trovano altri riferimenti interessanti e che suscitano la voglia di approfondimento».

Impossibile, poi, non parlare di ‘INFERNVM’, l’album che ha realizzato un paio di anni fa assieme a Claver Gold (leggi qua). Per Murubutu è stata, quindi, l’occasione per far rivivere questa esperienza: «Inizialmente non lo volevo fare – ricorda –: è stato Claver che mi ha fatto leggere alcune cose che aveva scritto e convinto che si poteva attualizzare grazie a una lettura metaforica dei personaggi». La chiave, insomma, è la valenza metaforica delle figure dantesche che si presta bene a una trasposizione nell’attualità ed ecco che Caronte diviene ‘sinonimo’ dell’eroina, oppure Pier della Vigna si trasforma in un ragazzino come quelli in sala, vittima del cyberbullismo. E, dalle risposte alle domande degli studenti, si scopre che lui si piazzerebbe volentieri tra gli Epicurei ma che, probabilmente, il suo girone sarebbe quello dei golosi.

Forse, più che su un aspetto letterario del rap, la discussione si è incentrata sul fatto di come un genere musicale, popolare tra giovani e giovanissimi, possa diventare anche un ottimo mezzo divulgativo su più piani, da quello letterario a quello didattico, senza venire per questo snaturato, ma, anzi, trovando una dimensione nuova e sicuramente interessante.

Una cosa è certa: Alessio Mariani sa perfettamente come fare divulgazione a tutti i livelli. Sa come rendere semplici concetti che così semplici o banali non lo sono proprio. Se nei brani riesce a concentrare in pochi minuti storie che in letteratura occuperebbero tomi di centinaia di (spesso inutili) pagine, di fronte a una platea di studenti – sicuramente forte anche della sua esperienza di professore – riesce a tenere desta l’attenzione e a gettare dei semi che sul momento, magari, suscitano solo delle domande da parte della platea, ma che si percepisce siano destinati a germogliare approfondimenti futuri.

La mattinata si è chiusa in musica. Si prende in giro da solo e, presentando i brani che canterà, premette che le sue sono sempre ‘canzoni tristi’ e che ne eseguirà «una triste e una ancora più triste». In realtà, farà due dei suoi brani più famosi: ‘Grecale’ e ‘I marinai tornano tardi’, che sono oramai dei classici del suo repertorio.
Due storie decisamente evocative. Perfette per chiudere una mattinata del genere, poiché ‘vestono’ perfettamente il connubio tra letteratura e rap.

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